10 maggio 2017

La respirazione per il canto lirico


di Alessandro Patalini

Soltanto chi respira bene sa cantare bene (A. Bernacchi, in H. F. Mannstein: Système de la grande Méthode de chant de Bernacchi, 1835)
Chi non conosce l’arte di signoreggiare il proprio fiato, non potrà mai chiamarsi vero cantante (E. Garcia: Trattato completo dell’arte del canto, 1840)
Tutta l’arte del canto sta nel saper ben respirare, e questo faceva dire agli antichi maestri essere il canto la “scuola del respiro” (E. Delle Sedie: Arte e fisiologia del canto, 1876)

Premessa

La respirazione per il canto lirico, concepita in un senso completo, è l’adattamento di una funzione egemonica (che è quindi prioritaria rispetto ad altre funzioni del corpo umano perché destinata ad assicurare la sopravvivenza), alle specifiche esigenze di una funzione secondaria come quella fonatoria.

Questo adattamento non è affatto facile, e risulta condizionato da fattori generali, come la difficoltà di modificare una funzione che normalmente è gestita a livello istintivo, e da fattori individuali, che consistono essenzialmente nel grado di agevolezza respiratoria (congenita o acquisita) propria di ogni individuo. La respirazione per il canto risulta quindi dipendente da regole sia generali sia individuali, e, se si ignorano le prime (ovvero le caratteristiche fisiologiche dei movimenti respiratori), le seconde (ovvero le caratteristiche individuali) risultano spesso difficilmente gestibili, sia nel caso in cui debbano essere migliorate, sia nel caso in cui, essendo corrette, debbano essere riprodotte per la prestazione professionale. Trascurare la conoscenza oggettiva della respirazione, inoltre, asseconda la illusoria convinzione che non esistono regole generali cui fare riferimento per insegnare e/o imparare a gestire la respirazione per il canto.

Va comunque considerato che, nonostante il corpo umano funzioni secondo meccanismi comuni a tutti gli esseri umani, le caratteristiche individuali, fisiche e attitudinali, inducono a percepire e a descrivere (nei casi peggiori, a non saper percepire e a non saper descrivere) i propri movimenti respiratori, fino a ritenerli, erroneamente, diversi da quelli di tutti gli altri.

Introduzione

Per analizzare l’argomento della respirazione per il canto va operata una distinzione fra due aspetti diversi, per quanto siano tra loro strettamente connessi:

1. I movimenti dei muscoli respiratori finalizzati allo scambio di aria;

2. I movimenti, istintivi o coscienti, che i muscoli respiratori compiono durante la fonazione, e che hanno effetti sulla gestione del flusso espiratorio e della pressione sottoglottica.

Il rifornimento di aria

La respirazione

È lo scambio di aria fra i polmoni e l’atmosfera, avviene alternando ciclicamente condizioni di depressione e pressione all’interno della gabbia toracica, che danno rispettivamente luogo a inspirazione ed espirazione.

Il diaframma

È il principale muscolo respiratorio del corpo umano, composto di numerosissime fibre agganciate su tutta la base della gabbia toracica e sulle vertebre lombari, e confluenti, verso l’alto e l’interno della gabbia toracica, sul centro frenico, che si presenta come un intreccio di fibre tendinee che ricorda il fondo di un cesto, in cui appunto giungono ad intrecciarsi le fibre che compongono i lati del cesto. Sul centro frenico sono il cuore e i bronchi, questi ultimi collegati alla trachea e alla laringe. Ogni movimento del centro frenico, quindi, sposta tutti questi organi.

Dal centro frenico parte un insieme di legamenti tendinei, chiamato sistema sospensore del mediastino, che lo collegano al rachide cervicale, alla articolazione temporo-mandibolare e allo sterno. Questo sistema elastico si tende alla discesa del centro frenico prodotta dalla contrazione del diaframma e torna a riposo al rilascio della contrazione, aiutando la risalita del centro frenico e la espirazione, per questo motivo il prof. Ph.-E. Souchard lo chiama “tendine del diaframma”.

Il ciclo respiratorio è dunque sinteticamente riassumibile nell’alternarsi di inspirazione (contrazione del diaframma, discesa del centro frenico, tensione del sistema sospensore del mediastino, depressione intratoracica) ed espirazione (rilascio del diaframma, risalita del centro frenico, ritorno a riposo del sistema sospensore del mediastino, pressione intratoracica).

Il diaframma non assolve soltanto ad una funzione respiratoria, ma ha un ruolo fondamentale anche nella funzione circolatoria e digestiva grazie alla capacità di produrre condizioni di pressione e depressione intratoracica che hanno un riflesso sulla massa viscerale (alla depressione dell’una corrisponde necessariamente la pressione sull’altra, e viceversa).

È inoltre importantissima la funzione posturale, per cui come riporta il dott. O. Meli, Presidente della Associazione Italiana Rieducazione Posturale Globale, “il diaframma interviene, insieme ai muscoli addominali e spinali, nella stabilizzazione del rachide e del tronco grazie all’aumento della pressione intraddominale ed intratoracica, contribuendo a formare una sorta di manicotto di supporto per la colonna vertebrale”.

Funzionalità e disfunzionalità del diaframma

La profonda connessione fra il diaframma e organi, muscoli e ossa del torso, la molteplicità delle sue funzioni, l’incessante utilizzo che ne facciamo senza sosta per tutta la durata della vita, durante il sonno e la veglia, lo stress emotivo che tende ad aumentare il tono muscolare, il fisiologico e progressivo accorciarsi delle fibre muscolari legato all’avanzare dell’età, la gravità terrestre che attrae i visceri e di conseguenza il diaframma, fa sì che questo muscolo tenda più facilmente a contrarsi e scendere, che a rilasciarsi e risalire.

Di conseguenza, esso perde elasticità, che si misura confrontando la lunghezza di una fibra muscolare nella condizione di massima contrazione e di massimo rilascio, e, come scrive sempre il dott. Meli, “La meccanica respiratoria, già in assenza di patologia, tende a favorire uno squilibrio progressivo della respirazione caratterizzato da quello che il Prof. Souchard definisce “blocco inspiratorio” del torace, caratterizzato dal rimanere del torace in un atteggiamento in inspirazione costante”.

Questo blocco, ovviamente, finisce per interessare anche i muscoli intercostali, che possono essere coinvolti profondamente sia nella respirazione che nella gestione della voce artistica.

Da un punto di vista neurologico, ciò concorda con quanto scrive la dott.ssa L. Finamore, neurologo: “questa tendenza ad essere contratto per troppo tempo (non un lavoro armonico di contrazione-decontrazione che ogni muscolo dovrebbe seguire) determina una modificazione qualitativa del muscolo stesso. Tale modificazione consiste nel fatto che le fibre muscolari si riducono in percentuale a favore di cellule fibrose di sostegno. Questa modificazione si ritiene sia la risposta naturale adattativa del corpo alla richiesta di un continuo irrigidimento di un muscolo. Nel caso del diaframma la trasformazione fibrosa avviene più lentamente poiché il diaframma si contrae solo per sforzi massimali tutto insieme, di solito tende a contrarsi seguendo un’onda di contrazione, quindi l’individuo se ne accorge coscientemente solo quando è molto evidente il suo irrigidimento”.

Effetti della perdita di elasticità del diaframma

Tornando agli studi del prof. Souchard riportati dal dott. Meli, la perdita di elasticità del diaframma “impedisce un adeguato movimento espiratorio del torace, e insieme impedisce di trovare la condizione necessaria per effettuare un valido atto inspiratorio successivo” ciò significa che il sistema respiratorio procede naturalmente verso una graduale diminuzione degli scambi aerei, con maggiore difficoltà ad espirare e conseguente minore capacità di inspirare. D’altronde lo si può dedurre anche logicamente: un muscolo che non si rilascia fa difficoltà a contrarsi, e i polmoni che non si svuotano non possono accogliere nuova aria!

Questo per quanto riguarda l’aspetto strettamente respiratorio.

Dal punto di vista posturale, ricordando la stretta connessione del diaframma con la zona lombare del rachide attraverso le inserzioni dei cosiddetti pilastri del diaframma, e la connessione alla zona cervicale attraverso il sistema sospensore, è chiaro che il mantenimento della contrazione del diaframma tende a trazionare costantemente il rachide in direzione avanti – basso, aumentando patologicamente la curva lombare e quella cervicale.
A ciò si aggiungono importanti conseguenze sull’apparato digerente.

Dato che “l’esofago è saldamente ancorato alla colonna vertebrale, una importante discesa del diaframma, o sforzi continui e ripetuti in occasione di uno sforzo importante associata ad una energica inspirazione, possono determinare l’ ”estrazione” dello stomaco attraverso l’anello muscolare del diaframma e la risalita dello stesso al di sopra del setto”. La eccessiva e costante posizione bassa del diaframma, insomma, fa sì che le sue fibre non riescano più a cingere correttamente la zona di congiunzione fra esofago e stomaco, favorendo la risalita dei succhi gastrici che si riversano nella laringe e causano i diffusissimi problemi di reflusso gastrico. Nei casi più gravi, il diaframma giunge a posizionarsi così in basso che una parte dello stomaco resta al di sopra, dando luogo alla cosiddetta ernia iatale.

Temo che molti cantanti possano riconoscere in queste patologie (difficoltà respiratorie, aumento delle curve lombare e cervicale del rachide, reflusso gastro-esofageo ed ernia iatale) uno o più dei propri disagi, e che possano considerare la perdita di elasticità del diaframma come una delle possibili cause.

D’altronde la dott.ssa R. Mazzocchi, logopedista del Centro di Audiofoniatria dell’Ospedale di Spoleto diretto dal dott. G. Brozzi, ha elaborato un protocollo di trattamento delle disfonie collegate a problemi gastroesofagei che prevede la distensione le fibre del diaframma, e che ha dato risultati positivi su un significativo campione di pazienti.

I problemi veri e falsi della respirazione del cantante

Venendo al caso specifico della respirazione artistica, possiamo utilizzare quanto esposto fin qui per collegare i problemi respiratori frequentemente avvertiti dai cantanti, come la difficoltà a realizzare una soddisfacente presa d’aria, la esiguità e velocità della espirazione, la tendenza a quello che viene comunemente definito senso di “ingolfamento”, ad una perdita di elasticità dei muscoli inspiratori, che tendono progressivamente a mantenere la propria contrazione e quindi a rimanere in posizione inspiratoria.

La prova eclatante di ciò deriva da una osservazione possibile a tutti: quante volte sentiamo di aver finito il fiato e, non appena prendiamo nuova aria, avvertiamo un senso di “ingolfamento”?

In quel caso dovremmo considerare che se fosse stata un effettiva mancanza di aria, la inspirazione sarebbe bastata a risolvere il disagio, se, invece, il disagio viene addirittura acuito dalla inspirazione, vuol dire che la sensazione di “fine fiato” è impropria.

Essa andrebbe piuttosto considerata come una condizione in cui, nonostante la riserva di aria non sia esaurita, non si ha la capacità di completare la espirazione a causa, appunto, della difficoltà a rilasciare la contrazione dei muscoli inspiratori e a far agire quelli espiratori.

Anche la brevità e la violenza della espirazione, in questa prospettiva, dovrebbero essere attribuite alla difficoltà di rilascio di muscoli inspiratori molto tesi, e ricondotte ad un deficit espiratorio.

Ne deriva che la risoluzione del problema non può essere ottenuta cercando di potenziare la contrazione dei muscoli inspiratori, ma, al contrario, favorendo il loro rilascio, aiutandosi con la contrazione dei muscoli antagonisti della inspirazione, ovvero gli espiratori, principalmente i muscoli addominali (retto e trasverso dell’addome, piccolo e grande obliquo).

Movimenti volontari dei muscoli respiratori in relazione alla fonazione

Appoggio diaframmatico

In presenza di una corretta capacità di rilascio, la fuoriuscita del fiato è prodotta dal fisiologico rilascio del diaframma, e il cantante che voglia aumentare la durata della espirazione, deve necessariamente limitare la risalita del diaframma grazie alla sua contrazione anche durante la espirazione (non è possibile gestire la risalita del diaframma se non con la contrazione del diaframma stesso).

Questa manovra viene tradizionalmente chiamata Appoggio diaframmatico.

Durante l’Appoggio diaframmatico il diaframma si contrae, ed è quindi il soggetto di una azione che, proprio come indicato dal termine Appoggio, va dall’alto verso il basso.

Va considerato che la contrazione del diaframma durante la espirazione tende a far irrigidire la laringe, per cui le corde vocali oppongono una maggiore opposizione al passaggio dell’aria, chiamata impedenza glottica. Aumentando l’impedenzaglottica, il fiato preme con maggiore pressione contro la superficie inferiore delle corde vocali e viene aumentata la pressione sottoglottica, per cui le corde vocali vibrano più ampiamente.

In tal modo la contrazione del diaframma durante la espirazione causa un aumento di pressione sottoglottica e indirettamente provoca un aumento dell’intensità del suono.

L’Appoggio diaframmatico è quindi utile sia per aumentare la durata della espirazione, sia per aumentare l’intensità del suono.
La contrazione del diaframma durante la espirazione è chiaramente una manovra non prevista nella respirazione naturale, perché il diaframma viene sollecitato a contrarsi anche nella fase espiratoria, quando la fisiologia respiratoria prevedrebbe che il diaframma si rilasci.

Per quanto l’Appoggio diaframmatico produca un rallentamento della espirazione e un aumento dell’intensità sonora, fattori spesso importanti per le esigenze della voce artistica, va ricordato che c’è sempre un alto rischio che tale manovra impedisca:

· un completo utilizzo della riserva d’aria, sottraendo la principale risorsa alla fonazione e impedendo una successiva ampia inspirazione,

· la fluidità della espirazione, compromettendo la continuità e la qualità del suono.

Per ottenere tutti i vantaggi derivanti dalla manovra di Appoggio diaframmatico ed evitare o almeno ridurre i rischi di una manovra artistica considerabile a livello generale come anti-fisiologica, si rende quindi necessario un aiuto che renda la espirazione comunque completa e fluida, proprio mentre l’Appoggio cerca di allungarne la durata e aumentarne la pressione.

Sostegno diaframmatico

Dato che l’azione dell’Appoggio diaframmatico va dall’alto verso il basso (con i visceri che vengono sospinti verso l’esterno dell’addome), per controbilanciare tale azione risulta necessaria una contrazione dei muscoli addominali, che comprimono i visceri da fuori verso dentro.

Questa manovra di supporto alla espirazione è in linea con la fisiologia respiratoria, perché, come esposto sopra, i muscoli addominali hanno naturalmente una funzione espiratoria.

Questa azione di supporto alla espirazione, utile a bilanciare la spinta verso il basso del diaframma sui visceri, e ad evitare i rischi di un eccessivo Appoggio diaframmatico, viene tradizionalmente chiamata Sostegno diaframmatico. Anche a livello lessicale il termine sostegno è opposto e complementare al termine appoggio, e indica una forza che va dal basso verso l’alto e sostiene qualcosa che sta scendendo verso il basso, limitandone la discesa.

Con essa i muscoli addominali comprimono i visceri ed indirettamente contrastano la discesa del diaframma, accompagnandolo verso l’alto, nonostante esso sia contratto e cerchi di scendere, e rendendo graduale la espirazione.

Così facendo il Sostegno diaframmatico impedisce che si blocchi la espirazione, e quindi fornisce un aiuto fondamentale alla continuità e completezza della espirazione nel canto artistico.

Per quanto l’aggettivo diaframmatico venga utilizzato in entrambi i casi, in realtà il significato è differente: l’Appoggio è diaframmatico perché è compiuto DAL diaframma, mentre il Sostegno è diaframmatico in quanto è offerto AL diaframma.

Per concludere: il diaframma produce l’Appoggio, i muscoli addominali producono il Sostegno, il diaframma SI APPOGGIA, e VIENE SOSTENUTO dai muscoli addominali.

Disfunzionalità dell’Appoggio a causa di una inconsapevole rigidezza del diaframma

È evidente che il cantante lirico gestisce il fiato senza ricorrere a movimenti estranei alla respirazione, ma semplicemente imparando a contrarre i muscoli inspiratori anche durante la espirazione e ad aumentare parallelamente l’azione espiratoria che altrimenti sarebbe posta in crisi. Per questo motivo la respirazione per il canto va considerata come utilizzo specialistico di movimenti naturali, e di questi movimenti segue le caratteristiche e anche le criticità, inclusa la fisiologica tendenza dei muscoli inspiratori a perdere elasticità avvantaggiando l’atteggiamento inspiratorio rispetto a quello espiratorio.

Ricollegandoci a quanto detto sopra, infatti, si deve notare che un cantante somma la contrazione diaframmatica dell’Appoggio ai molteplici motivi di scarso rilascio del diaframma presenti in ogni individuo, cioè va a contrarre per motivi artistici un muscolo che tende ad essere già scarsamente rilasciato per motivi fisiologici. Ciò conduce il diaframma di un cantante a perdere la capacità di rilascio e ad assumere una posizione costantemente inspiratoria, cioè bassa, più velocemente che in un individuo qualunque.

Questa perdita di elasticità è paradossalmente ancora più deleteria proprio per coloro che avrebbero bisogno di utilizzarla a fini artistici, evitando le pericolose conseguenze a carico della cervicale (aderente, si ricorda, alla laringe e al vocal tract) e dell’apparato digerente.

Se poi si pensa che lo stress da performance aumenta il tono muscolare generale, e quindi anche del diaframma, si può concludere senza dubbio che, nonostante sia difficile accorgersene (anzi, spesso siamo indotti a credere l’opposto), il diaframma di un cantante si trova molto più facilmente in una condizione Appoggiata che Sostenuta e che la brevità della espirazione non è causata da scarso Appoggio, ma proprio dalla scarsità di Sostegno.

Dovremmo allora saper distinguere fra una contrazione volontaria dei muscoli inspiratori, finalizzata alla gestione della espirazione cantata e che costituisce l’Appoggio, e una contrazione involontaria degli stessi muscoli, dettata dal fisiologico disequilibrio della meccanica respiratoria, che non solo ostacola il Sostegno, ma interferisce proprio con la manovra di Appoggio perché irrigidisce i muscoli che dovrebbero eseguirla.

Ogni contrazione involontaria dei muscoli inspiratori durante la espirazione cantata, soprattutto se inconsapevole, è da considerarsi come disfunzionale a livello respiratorio perché limita gli scambi aerei, e come lesiva della possibilità di gestione artistica del fiato, perché limita l’Appoggio e rende faticoso il Sostegno.

Conclusioni: l’importanza di avere consapevolezza della propria postura diaframmatica

A conclusione di questo sintetico discorso sull’utilizzo della muscolatura respiratoria nel canto (in cui per ragioni di sintesi, si è volutamente trascurato il ruolo della muscolatura toracica), vorrei sottolineare quanto sia importante che un artista vocale presti la massima attenzione alla elasticità dei muscoli inspiratori.

La respirazione si svolge al meglio, con ampiezza di scambi, ovvero con completezza di rifornimento e di utilizzo della riserva d’aria, se i muscoli che la producono si trovano nelle condizioni di differenziare al massimo le due azioni di contrazione e rilascio.

Inoltre, e questo riguarda ancor più da vicino le specifiche esigenze dei cantanti, qualsiasi manovra di Appoggio, che viene necessariamente compiuta grazie alla contrazione dei muscoli inspiratori, risulta limitata, quando non addirittura impedita, se questi muscoli sono già contratti.

In sede didattica, quindi, prima di consigliare le manovre di Appoggio o Sostegno, andrebbe attentamente valutata la condizione in cui si trovano i muscoli respiratori dell’allievo. Solo dopo aver appurato la loro elasticità, ed eventualmente consigliato l’intervento di un terapeuta specializzato, si può essere sicuri che l’allievo si trovi nella possibilità fisica di eseguire correttamente tali manovre.

La capacità di differenziare le condizioni di contrazione e rilascio, costituisce la premessa essenziale alla propriocezione del movimento, e quindi è la base fondante di un percorso di apprendimento chiaro e duraturo, per una vo calità artistica efficace ed efficiente.