10 maggio 2017

Come si “riscalda” la voce


di Franco Fussi

Il riscaldamento del corpo è usato nelle performance artistiche e vocali così come nello sport. Sorprendentemente non esistono molte ricerche di fisiologia sportiva che descrivano gli effetti del riscaldamento, ma in ogni caso il sistema di produzione vocale ha caratteristiche uniche che rendono in un certo senso difficile trasferire alla laringe le conclusioni di studi compiuti su altre parti del corpo.

Moli cantanti prima di cantare effettuano qualche forma di riscaldamento vocale nella routine giornaliera, senza essere consapevoli del razionale soggiacente  o della specifica funzione degli esercizi effettuati.

In ogni caso, non esiste nessun modo per evitare il riscaldamento, chi pensa che non sia necessario oppure che possa sembrare sciocco, lo esegue, meglio lo provoca, inconsapevolmente, e a suo rischio e pericolo, durante il canto stesso.

Uno studio di Elliott, Sundberg e Gramming (1995) ha cercato di determinare se il riscaldamento vocale produce gli stessi effetti delle pratiche di riscaldamento di altre muscolature in altre parti del corpo, cioè l’aumento della vascolarizzazione muscolare con decremento della rigidità e miglioramento della loro flessibilità. I risultati hanno evidenziato come indubbiamente il lavoro sulle variazioni di altezza tonale allunga i muscoli coinvolti e che  il riscaldamento vocale può accrescere il flusso ematico ai muscoli e ai tessuti, ridurre le secrezioni mucose, ridurre la tensione muscolare eccessiva, ottimizzare alcuni pattern di coordinamento dell’attività motoria per l’accesso a specifici compiti vocali. Di fatto esso  potenzia la performance individuale dei muscoli del torace della laringe e del vocal tract  e il coordinamento tra loro.

Perché il riscaldamento è necessario?

Vi è in effetti una enorme differenza quando andiamo a portare gradatamente il nostro corpo al livello di performance, poiché gli aumenti di attività di ogni muscolo causano un’innalzamento della temperatura corporea ed entrare “in azione” di colpo da uno stato di “freddo” scatena una reazione protettiva dei muscoli della gola, reazione che serve a fronteggiare una possibile prospettiva di lesione. Il collo, la mandibola ed i muscoli della lingua si irrigidiscono e questa situazione richiederà al cantante una pressione d’aria maggiore e un atteggiamento laringeo ipercinetico per ottenere la resa vocale abituale. Ne conseguiranno un precoce affaticamento con diminuzione del tempo di performance adeguata e un successivo stato fonastenico con aumento dei tempi di recupero.

Una prova sperimentale della reale efficacia del riscaldamento vocale nell’ottimizzare la performance canora, è stata fornita dalla comparazione degli effetti degli esercizi di riscaldamento a breve termine rispetto a condizioni di riposo.

Fisiologicamente, il riscaldamento non modifica i livelli minimi e massimi di frequenza fondamentale producibile (estensione), ma accresce il livello di pressione fonatoria per i toni acuti, cioè della minima pressione aerea sottoglottica necessaria per l’oscillazione dell’onda mucosa. Ciò dimostra che gli esercizi di riscaldamento vocale aumentano  la viscosità delle corde vocali, favorendo così la stabilità dei toni acuti. (Motel T. et al., 2003).

Il riscaldamento in senso stretto non deve però essere confuso con la pratica dei vocalizzi ed ha lo scopo di creare allungamento e stretching dei muscoli per prepararli ad un lavoro atraumatico, mentre i vocalizzi hanno lo scopo di verificare prima della performance particolari capacità canto-relate e sono il bagaglio dei vari stili di canto.

Così alcune scuole di pensiero nella didattica suggeriscono come riscaldamento lenti glissati su tutto il range vocale, altre usano gli staccato su arpeggio con intervalli di III per favorire l’attacco e la flessibilità della laringe, molti cantanti usano varie vocali e consonanti per scaldare la voce che possano di fatto favorire la precisione articolatoria o il bilanciamento dell’emissione e dei registri. Dunque i  vocalizzi rappresentano un processo di verifica di specifiche capacità di precisione articolatoria, morbidezza e uniformità nella transizione tra i registri, bilanciamento della qualità delle vocali, abilità di intonare ampi intervalli mantenendo la qualità ed evitare errori tecnici, ma dovrebbero essere considerate pratiche che seguono al riscaldamento vero e proprio.

Un lavoro di Sabol, Lee e Stemple (1995) ci spiega che molti degli esercizi prescritti per la flessibilità vocale sono di fatto esercizi di ginnastica a corpo libero mentre altri sono focalizzati sull’allenamento della propriocezione delle risonanze.

Gli esercizi vocali nel riscaldamento sono una sorta di “manipolazioni” della voce, diretti e sistematici, in teoria simili a quelli inclusi nel corpus della terapia riabilitativa logopedica, destinati a rafforzare e bilanciare la muscolatura laringea e potenziare l’efficienza dei rapporti tra flusso aereo, vibrazione cordale e adattamento degli spazi sopraglottici. Alcuni insegnanti raccomandano l’uso di esercizi di contrazione isometrica che puntano all’allenamento della funzione vocale a livello cordale, come gli esercizi da noi formalizzati per ripristinare l’elasticità della mucosa nel periodo post fonochirurgia.

Quanto dura?

La lunghezza del riscaldamento, anche se può sembrare strano, dovrebbe essere inversamente proporzionale alla durata della performance che lo seguirà: per lunghe sessioni un breve riscaldamento, ma per brevi sessioni (una canzone solamente) potete riscaldare anche fino a un’ora

A volte viene chiesto se un riscaldamento prolungato può essere dannoso. In questi casi è più importante capire perché si sente la necessità di un riscaldamento più prolungato del solito, e in effetti vi sono due segnali d’allarme relativi al riscaldamento che possono indicare un problema vocale:

  • la necessità di un tempo di riscaldamento progressivamente più lungo per ottenere un adeguata qualità ed elasticità vocale
  • e la necessità di ridurre il tempo di riscaldamento per evitare che un riscaldamento completo finisca con l’affaticare la voce

Se tutto ciò non è correlabile con alterazioni flogistiche occasionali delle vie aeree può esistere un soggiacente problema vocale su cui è opportuno indagare.

Vale la pena ricordare che, in situazioni di debolezza o malattia, un accurato riscaldamento è la terapia più importante ridurre il rischio di danni.

Alcuni artisti trovano utili eseguire un blando riscaldamento vocale ogni mattina, oltre a riscaldamento completo prima di una lezione o di una performance. Questo può essere utile se il soggetto ha qualche difficoltà vocale relativa a reflusso faringolaringeo o a periodi di affaticamento (fonastenia)

L’uso di intensità vocali elevate, la scarsa umidità dell’aria e l’esecuzione da seduti sembrano essere fattori non favorenti un corretto riscaldamento vocale (Vintturi et al., 2001).

Dunque un riscaldamento vocale completo  va eseguito con calma, concentrazione e attenzione ai minimi dettagli e in buono stato di idratazione.

Per questo aspetto può essere utile ricordare le tecniche di idratazione mucosa più rapide, come quella suggerita da Borragan, in caso di disidratazione mucosa.  Inutile bere troppa acqua prima di una performance, favrisce solo il reflusso.

E’ inoltre importante evitare pastiglie balsamiche specie se a base di mentolo e l’erisimo che, se risulta utile in stati flogistici delle mucose, può creare -in stati di normalità-  disidratazione con indurimento della voce. Da evitare anche l’abuso di antidolorifici che potrebbero mascherare i primi segnali di sforzo vocale.

Il concetto di riscaldamento non è limitabile alla sola pratica di emissione di vocalizzi ma riguarda la preparazione ‘atletica’ di tutto il corpo, attraverso le seguenti tappe, che necessitano in totale un tempo medio di 20 minuti: tecniche di concentrazione, detensione e tonicità muscolare del corpo, verifica degli automatismi dinamici respiratori, prontezza dell’intonazione e agibilità dell’estensione.

Gli esercizi vocali dovrebbero essere iniziati a intensità moderata nell’ottava centrale di comodità con attacco vocale libero da tensioni e concentrazione sulla propriocezione del suono nelle cavità di risonanza (percezione del suono avanti evitando imposizioni di atteggiamento di “sbadiglio” o iscurimento del timbro. Utile in questo senso:

  • non pensare alla gola-laringe-corde vocali
  • pensare ad una mandibola cadente verticale senza forzare l’abbassamento ma al contrario pensando all’allontanamento da essa del resto del cranio e del massiccio facciale

Alcuni artisti eseguono anche un riscaldamento mentale per accrescere la coscienza del feedback chinestesico.

E’ importante suggerire un ordine ottimale nel riscaldamento poichè non tutti gli esercizi hanno lo stesso livello di difficoltà esecutiva, ed è bene avere un ampio range di possibilità in quanto i vari esercizi sono diretti a differenti componenti del sistema di produzione vocale e a diverse aree del vocal tract.

Non esiste un set ideale di esercizi, ciascuno ha la sua serie di esercizi facilitanti  e anche se una metodologia di riscaldamento viene tradizionalmente preferita se personalmente non risulta efficace non deve essere usata ma si deve adattare la scelta delle procedure al singolo caso o al singolo momento.

Durante le fasi di riscaldamento non è importante che cosa cantate, ma come lo fate.

Vi sono molti luoghi comuni relativi al riscaldamento ma esistono scarsi dati scientifici che supportino o contestino queste credenze; ciò che sappiamo del riscaldamento è basato su collettive esperienze personali di molti cantanti, maestri, terapisti, atleti, allenatori, fisiatri.

Le prime tappe sono eseguibili in meno di dieci minuti:

1) Pensare all’interno del proprio corpo e alle emozioni, scegliendo un posto dove sia possibile concentrarsi. Fare un rapida rassegna delle tensioni accumulate in giornata, per ristabilire la ‘neutralità’ corporea e potersi concentrare sulla voce e sul momento di entrata in scena.

2) Compiere qualche minuto di leggera ginnastica aerobica per migliorare la circolazione e il tono muscolare.

3) Dopo pochi minuti compiere qualche esercizio di stretching col capo, le braccia, le spalle e i fianchi. Effettuare anche alcuni profondi sbadigli e scrollare braccia e gambe per liberarle dalle tensioni.

4) Pratica della tecnica di “sbadiglio-sospiro” : Inspirare lentamente come per initziare uno sbadiglio e percependo l’aria in retrofaringe, mantenere mandibola cadente e lingua rilassata nel pavimento orale e spalle rilassate, espirare lentamente, ripetere con emissione vocale di 5 secondi circa

5) Rilassare la mandibola: monitorare la postura spalle-collo, posizionare le palme delle mani sulle guance e massaggiare mandibola  e muscoli buccinatori con movimenti circolari, continuare il massaggio abbassando e sollevando la mandibola, produrre “mamama”  o “wawawa” con contatti labiali molto leggeri. Poi forzare morbidamente l’articolazione temporo-mandibolare e avvicinare con una mano le guance tra loro sganciando la mandibola, ciò favorirà l’elasticità nell’apertura mandibolare per il raggiungimento dei toni acuti specie nelle donne favorendo così la sintonizzazione tra frequenza fondamentale e prima formante. Infatti la la maggiore o minore apertura mandibolare modifica proporzionalmente il valore della Prima formante (F1)  che è correlata all’aperura della bocca

Ricordiamo a proposito come le caratteristiche timbriche dell’emissione siano legate alle poiszioni degli organi articolatori e di risonanza, con modifiche della composizione dello spettro vocale secondo queste regole:

il valore di F1 si eleva proporzionalmente all’apertura della mandibola

il valore di  f2 si eleva con l’anteriorizzazione della lingua, si abbassa con la sua retropulsione

il valore di F3 si eleva nell’ipertono in protrusione delle labbra e con il mantenimento dell’apice linguale in basso

il valore di f4 e f5 si abbassano con l’allungamento del vocal tract per abbassamento laringeo

6) Bocca chiusa-a

Produrre un lieve “mmmm” su una nota comoda grave seguita da una “a” aspirata (fiato caldo), cercando di non cambiare nulla tranne l’apertura della bocca e cercando di mantenere sulla a” la stessa propriocezione vibratoria della “mmm” nel massiccio facciale. Successivamente glissare l’altezza tonale dall’acuto al grave e poi di nuovo all’acuto. Serve alla stabilizzazione laringea e dello spazio faringeo.

7)Vocalizzo dalla cannuccia

Dopo aver inspirato lentamente su atteggiamento di pre-sbadiglio, espirare come soffiando lentamente in una cannuccia

Ripetere l’inspirazione e poi vocalizzare sempre come nella cannuccia

Ripetere variando le altezze tonali

Serve a dare tono labiale mantenendo spazio faringeo utile all’arrotondamento naturale del timbro per abbassamento della Terza formante (F3) il cui valore, normalmente tra  2800 e 3600 Hz, è determinato dai movimenti del m. orbicolare della bocca: maggiore protrusione labiale comporta infatti un abbassamento di F3

8) Sostegno con “U”

Dopo una inspirazione lenta e profonda espellere  bruscamente l’aria per contrazione degli addominali emettendo una forte “hu” con gola larga e laringe controllata. Poi si può aumentare la velocità delle ripetizioni delle “hu”.

E’ un esercizio che permette di mantenere attenzione a separare le attività di contrazione addominale dal mantenimento di vie aeree superiori rilassate

9) Fricativa bilabiale

Vocalizzare sulla consonante fricativa bilabiale /bv/ che permette di realizzare un tono labiale privo di costrizioni che favorisce l’arrotondamento timbrico e la stabilità di pressione intraorale che si ripercuote favorevolmente sulla stabilità di posizione della laringe e stimola un giusto grado di elevazione del palato molle.

La vocalizzazione a linga protrusa e mantenendo stabile la mandibola sulle vocali /aiai/ può essere utile per concentrare l’attenzione sulla stabilità del colore di base per stabilità dello spazio faringeo.

10) ‘Muovere’ la voce usando scale o arpeggi di uso comune durante lo studio, iniziando sui toni centrali della propria estensione, o una semplice melodia trasposta entro un range di comodità per la propria estensione, vocalizzandola con la sillaba /ma/ o /la/.  Raggiungere con gradualità le note più acute, fino a un tono o due sopra il range di estensione della parte; non concludere il vocalizzo senza esser tornati sui toni centrali. Verificare che le posizioni siano “a fuoco” e la voce sia risonante prima di lavorare sul volume.

11) Se la voce è pesante o sporca, compiere vocalizzi nasalizzati (facilitati dalle sillabe /mi/ e /ni/) per rendere più brillante la qualità vocale;

12) se la voce è piccola o stridula realizzare maggior ampiezza nel cavo orofaringeo (facilitato dalle sillabe /lo/ /go/).

13) Se la voce fosse dura costringerebbe a spingere: ridurre l’intensità vocale ed evitare i toni acuti, applicando tecniche di rilassamento del tipo sbadiglio/sospiro e idratando le mucose.

14) Utilizzare il vocal fry per saggiare la ‘viscosità’ della copertura cordale. L’esercizio del vocal fry è suggerito come manovra per ‘pulire’ le corde vocali da depositi di muco e per verificare la libertà e l’ampiezza dell’onda vibrante.

Tuttavia è nostra esperienza assistere ad esecuzioni incorrette di tale registro con frequenti gradi di ipertono delle false corde e quoziente di chiusura aumentato. E’ allora indicato un controllo videolaringoscopico dell’uso di questo registro per indurre ad una corretta esecuzione, che può essere favorita dalla contemporanea richiesta di controllo del vocal tract con tecniche di sbadiglio o di ‘sob’.

15) Il riscaldamento effettuato con il trillo linguale o labiale,

  • i “muti” (vocalizzi a labbra chiuse),
  • l’utilizzo di emissioni nasalizzate,
  • -i vocalizzi con arrotondamento e protrusione moderata delle labbra,

condotti su glissati, scale o arpeggi, e su tutta l’estensione vocale, inducono un adeguamento della funzione respiratoria in termini di rapidità di sostegno respiratorio, riducono le forze esercitate direttamente e medialmente sulle corde vocali, portano le corde a vibrare solo sul loro bordo libero in una sorta di registro medio che permette di verificare le “posizioni” senza “stringere la gola” e senza dar subito “volume” in registro pieno, e tonificano in lunghezza le corde stesse.

16) Glissati tra due ottave di estensione, su vocali anteriori come la /i/ e la /u/, inizialmente solo discendenti, poi anche ascendenti, prima con netta transizione tra voce “di petto” e falsetto, poi uniformando i registri con una emissione definita “mista”, allenano le variazioni tensionali delle corde vocali, indirizzate al principio allo stiramento del legamento vocale poi a tutto il muscolo. Tale procedura provvede al separato esercizio nell’attività dei due tensori delle corde, facendone saggiare il prodotto vocale della loro funzione prima separatamente (voce piena e falsetto), nell’ambito tonale loro più fisiologico, ed infine attuando la loro unione nell’emissione “mista”. Si evitano così difficoltà di realizzo di note di passaggio di registro. La manovra tende anche a polarizzare la prima formante sulla frequenza fondamentale aumentando l’udibilità vocale a favore di quello che i maestri definirebbero la “punta” del suono.

17) I filati, o “messe di voce”, effettuati con cavità buccale non troppo aperta e con vocali prima anteriori e poi posteriori, pongono con calcolata gradualità in vibrazione la massa delle corde vocali; aiutano il cantante a bilanciare la tensione del muscolo con quella del legamento vocale; fanno esercitare la regolazione del crescendo e del decrescendo nel corso dell’emissione, ove i volumi polmonari sono ovviamente via via decrescenti; fanno infine lavorare tutti i muscoli intrinseci della laringe in rapporto coordinato con i mutamenti della pressione respiratoria durante l’emissione vocale.

18) Gli staccati in arpeggio realizzano la possibilità di iniziare la performance con voce pulita e pronta, stabilendo un modo dominante (registro pieno) di vibrazione delle corde vocali, a voce piena, ed allenano i muscoli abduttori ed adduttori simultaneamente ai muscoli tensori durante i cambi di altezza tonale.

19) Ponendo l’apice linguale in posizione retroalveolare come per produrre una /l/, chiudere le labbra e iniziare a produrre un suono e spingere con il polpastrello del pollice in direzione verticale verso l’alto sulla muscolatura sottomentoniera; le sensazioni di vibrazione propriocettiva in “maschera” verranno esaltate

20) Esercizio per il riscaldamento della voce parlata, utile prima di utilizzarla a lungo:  contare da 1 a 100 mantenendo le labbra chiuse, senza serrarle eccessivamente, e muovendo bene la lingua nel pronunciare la sequenza numerica. Per verificare la maggior risonanza ottenuta dopo l’esercizio si provi a contare normalmente da 1 a 10 prima dell’esercizio e poi nuovamente dopo averlo effettuato.