10 maggio 2017

Appoggio e sostegno respiratorio


di Franco Fussi e Silvia Magnani

Presa aerea
Ricordiamo:
La gabbia toracica è un sistema fibro-elastico in grado di restituire sotto forma di retrazione elastica l’energia potenziale immagazzinata

La presa toraco-diaframmatica è il rifornimento più economico e fisiologico

La presa toraco-diaframmatica non è “oggetto” di apprendimento ma modalità fisiologica eventualmente dimenticata, sottoutilizzata, sbilanciata o pervertita e quindi, in terapia, intima riscoperta.
Una delle caratteristiche dell’acquisita professionalità artistica dovrebbe essere la capacità di compiere un atto respiratorio con le seguenti caratteristiche:

1. ampio volume corrente
2. rapida e silenziosa fase di rifornimento
3. interessamento della muscolatura posturale minimo, ma presente, nell’atto stesso
4. mantenimento di queste caratteristiche anche per situazioni emotivamente colorate (ansia da performance) o fisicamente impegnative.

Quanto più ci troviamo di fronte a cantanti non professionisti tanto più accentuate saranno le carenze nei punti su citati. Anche in professionisti comunque potremo rilevare alcune mancanze, in particolare per i punti 2 e 4. Sul primo di questi si può agire con esercizi di ‘pranayama quadrato’ o con tecniche di retrazione delle false corde, sul secondo con tecniche di distensione, rilassamento e sintonizzazione.

Attenzione! Le modalità di presa aerea condizionano la successiva gestione dell’aria espirata, secondo i concetti di appoggio e sostegno del diaframma.
Anche se muscoli intercostali esterni e diaframma sono noti come muscoli inspiratori, vedremo come i primi possano mantenere la loro azione nella fase fonatoria (dunque espiratoria) cooperando all’appoggio. D’altra parte anche gli addominali, noti come muscoli espiratori, esercitano la loro attività come muscoli di sostegno respiratorio (sostegno al diaframma). Dunque le componenti si miscelano e ne deriva la necessità di alte competenze nelle dinamiche di gestione sincinetica di forze muscolari in opposizione.

Esercizi respiratori particolari:

Senza riproporre i comuni esercizi volti al potenziamento delle dinamiche respiratorie (rimandando a eserciziari già editi ) da utilizzare nell’ottica del più complesso rapporto tra appoggio e sostegno, elenchiamo alcuni esercizi indicati nello specifico del cantante:

1 Esercizio per migliorare l’agibilità di frasi musicali di particolare lunghezza, ossia la gestione dell’aria tra due “prese” molto lontane
Questa pratica aumenta la capacità vitale e la durata dell’espirazione e ha il massimo rendimento se effettuata dopo esercitazioni di aerobica, quando i polmoni sono aperti al massimo e si è creata la cosiddetta “fame d’ossigeno”. Va effettuata in posizione seduta con il rachide dritto e con controllo della muscolatura addominale:
– espirare per quattro battiti cardiaci
– bloccare per due battiti cardiaci (sospensione espiratoria)
– inspirare per due battiti cardiaci
– ritenzione per due battiti cardiaci
aumentare poi lentamente il numero dei battiti cardiaci che regolano i tempi respiratori, fino ad arrivare ad almeno 24 battiti per l’espirazione, dieci battiti per l’apnea espiratoria, l’inspirazione e l’apnea inspiratoria.

2 Esercizio per il potenziamento dell’attività degli intercostali, propedeutico a un buon apprendimento delle tecniche di “appoggio” diaframmatico
L’esercizio realizza uno stiramento trasversale del diaframma e viene compiuto sollevando il pavimento del torace insieme al contenuto addominale, al contrario di quello che sarà realizzato invece nella corretta tecnica di appoggio. Esso serve pertanto solo ad allenare l’ampliamento costale laterale . Si effettua supini, con gambe piegate, introducendo l’estremità delle dita sotto la giunzione costo-condrale (agganciando anteriormente le ultime coste)
inspirare profondamente e innalzare il bordo costale inferiore ampiamente all’infuori;
– durante l’espirazione mantenere con le mani la posizione raggiunta dalle costole;
– durante l’inspirazione successiva cercare di guadagnare ulteriormente in ampiezza l’espansione costale.
– dopo alcuni cicli rimanere in apnea vuota e provare ad espandere il torace rientrando con il ventre e mantenere il più a lungo possibile questa posizione (non sollevare le spalle verso le orecchie insaccando la testa).

3 Esercizio respiratorio propedeutico alle competenze di gestione delle dinamiche di intensità vocale
Suo obiettivo è aumentare il tempo di emissione dell’aria, riducendo la “lunghezza del respiro” (per lunghezza del respiro si intende la distanza minima tra narici/bocca e mano posta avanti ad esse oltre la quale non si percepisce più l’aria che si va emettendo ). In pratica, nell’espirazione si tratta di frenare la corrente d’aria che esce dalle narici o dalla bocca, aumentandone il tempo di emissione, diminuendo così la “lunghezza del respiro”. Il cantante che è chiamato a emettere note lunghe in ambito tonale grave, deve produrre una “lunghezza del respiro” molto corta e, allo stesso tempo, esercitare un certo sostegno alla voce che deve risultare stabile per timbro e per intonazione. Poiché poi è possibile che si debbano esprimere diverse dinamiche o che una frase terminata in forte sia seguito da una iniziante in pianissimo, l’esercizio può preparare alla loro emissione (pianissimo, piano, mezzo forte, forte, fortissimo) riproducendone le necessità esecutive e coordinandole a diversi gradi di “lunghezza” .

Le dinamiche espiratorie durante la fonazione professionale cantata:

In posizione eretta, in condizioni normali, l’addome non riveste una funzione passiva. La sua parete infatti è dotata di un certo tono , relativo alla presenza di una muscolatura, comunque attiva (dal punto di vista posturale e contenitivo). Nella inspirazione essa compie perciò escursioni relativamente limitate (ovviamente in relazione al grado di tonicità del soggetto) accompagnando (in realtà apponendosi) la parziale dislocazione viscerale. Si potrebbe dire che l’addome, in questa fase, “tonifica” meccanicamente il diaframma difendendolo da eccessivo allungamento e provvedendo a fornire una base relativamente ferma contro cui esso può contrarsi (componente che chiameremo di “sostegno”). Già dalle sue fasi iniziali il soggetto avverte la sensazione di una respirazione contemporaneamente appoggiata e sostenuta .
Un’altra conseguenza della presenza del tono di parete in posizione eretta è l’allargamento della gabbia toracica secondario all’aumento della pressione addominale; questa agisce direttamente sulla superficie interna delle coste fluttuanti, attraverso la zona di apposizione (la regione dove il diaframma si sovrappone alla porzione più inferiore della gabbia), espandendo così la gabbia lungo il suo perimetro, verticalmente ed esternamente, in direzione centrifuga (inspiratoria). Inoltre la pressione addominale forza il tendine centrale del diaframma rostralmente, facendo sì che le sue fibre costali contribuiscano a spingere verticalmente ed esternamente il torace. Tale legame funzionale tra addome e gabbia è un meccanismo passivo dell’apparato respiratorio: infatti una compressione manuale dell’addome nel cadavere ne espande la gabbia. Il vantaggio apportato dall’espansione della gabbia nel canto è che, quando i suoi muscoli vengono allungati, aumenta la loro capacità di generare rapidi e precisi controlli pressori, come richiesto nella fase fonatoria al cantante. Quando i muscoli addominali sono mantenuti attivi, l’addome può inoltre servire come base stabile contro cui la gabbia toracica inferiore può contrarsi, per elevare la pressione polmonare. Lo spostamento del volume polmonare è in effetti ottenuto molto efficacemente dal movimento della gabbia toracica, come è evidente quando è richiesta una rapida spesa aerea (come per espirare rapidamente una “h” svuotando i polmoni). Per effettuare gli stessi cambiamenti di volume polmonare l’unità addominale-diaframmatica dovrebbe compiere movimenti molto più grandi rispetto al torace, costituendo perciò una strategia meno efficace . Per contro, se la muscolatura addominale non fosse tuttavia mantenuta grandemente attiva nella fase espiratoria, la contrazione dei muscoli toracici forzerebbe l’addome esternamente così da disperdere la maggior parte dell’attività muscolare toracica .
Riassumendo, le forze in gioco in posizione eretta sono: nell’inspirazione il diaframma con gli intercostali esterni (classicamente mm. inspiratori) e gli addominali (classicamente mm.espiratori), nell’espirazione la gabbia toracica con gli intercostali interni e, ancor più, gli addominali

Appoggio e sostegno respiratorio:

L’appoggio respiratorio è quella componente del controllo espiratorio attraverso la quale il soggetto, mantenendo la contrazione degli intercostali esterni e del dentato posteriore superiore, rallenta la risalita del diaframma. Esso va a ripercuotersi nell’economia e nel controllo del grado di pressione sottoglottica esercitata prevalentemente nella prima fase dell’espirazione.
Il sostegno respiratorio è quella componente del controllo espiratorio attraverso la quale il soggetto, esercitando una contrazione della muscolatura di parete addominale (prevalentemente a carico degli obliqui), arriva a produrre un aumento di pressione intraddominale che facilita la risalita del diaframma. Esso va a ripercuotersi in un aumento della capacità di regolazione della pressione sottoglottica in tutti i momenti della espirazione, e in prevalenza al termine.
Elementi del corretto rapporto tra appoggio e sostegno professionale sono:

1. messa in atto di una contrattura a basso costo, priva di sinergie muscolari interessanti la muscolatura posturale o sovra e sotto-ioidea
2. non modificazione dell’allineamento corporeo
3. gradualità della contrattura e possibilità di reclutamento progressivo dei distretti muscolari interessati alla stessa
Finalità delle tecniche di acquisizione sono:
– conquista delle massime possibilità dinamiche di intensità
– gestione economica delle dinamiche “fortissimo” per tutta l’estensione tonale
– gestione facilitata delle emissioni in “pianissimo” ad esordio di espirazione
La valutazione delle componenti di appoggio e sostegno va effettuata durante l’emissione di una nota tenuta o di un vocalizzo ripetuto, ricordando che:
– le componenti muscolari intercostali esterne sono prevalenti nell’appoggio
– le componenti muscolari addominali sono prevalenti nel sostegno
– le componenti intercostali interne potenziano il sostegno a fine frase

Approfondimento: la respirazione nel professionista

Benché le competenze respiratorie siano le stesse e della stessa importanza in tutti i generi e per tutte le categorie vocali, è sicuramente il cantante o l’allievo di canto lirico che in maggior misura dedicano parte del loro lavoro tecnico all’approfondimento di una corretta dinamica respiratoria, per favorire un giusto accordo pneumofonico. Mentre nel cantante classico in carriera è quasi impossibile esistano difetti nelle dinamiche respiratorie tali da richiedere una revisione e un cambiamento ad opera del logopedista, una scarsa consapevolezza e pratica respiratoria sono più frequentemente riscontrabili nell’allievo di canto lirico e nel cantante di musica moderna, nonostante il primo abbia avuto un’accurata considerazione e cura in ambito didattico della “buona” respirazione, come base necessaria ad una costruzione eufonica della tecnica di canto. Nel cantante lirico affermato, infatti, la dinamica respiratoria dopo anni di carriera può essere ritenuta corretta, anche se ha prevalenze d’uso (ad esempio più anteriore, più laterale, più posteriore nella fascia costale inferiore-epigastrica). Essa non deve essere messa in discussione, pena la messa in crisi di tutto il rimanente impianto vocale.

Appoggio, non è solo un problema di definizione:
Quello che viene definito genericamente “appoggio” è da intendere come una tecnica complessa nelle quale due componenti muscolari sono funzionalmente distinguibili. L’ appoggio propriamente detto, è quella condizione che, a fine inspirazione, permette il controllo del diaframma nel suo mantenimento verso il basso e nel suo “allargamento”, tramite l’azione di muscoli intercostali esterni che mantengono ampio il suo perimetro (come la pelle di un tamburo ben tirata). Essi ne controllano la spontanea tendenza a risalire, facendo sì che il ritorno non sia intempestivo ma legato alle esigenze dinamiche dell’emissione (piani, forti, acuti, gravi, ecc). Questa metodica di controllo è quanto viene esaltato nei dettami pedagogici dello “spingi in basso e in fuori” o del “sedersi sul fiato”. Ma, per definizione, se ci appoggiamo su qualcosa è perché c’è qualcosa che ci sostiene, e più ci si rende conto di essere sostenuti più si sta comodi nello stare appoggiati. Ecco perché, già all’inizio del canto, oltre alle prevalenti componenti di appoggio, è presente -fin dall’attacco del suono- un grado minimo di sostegno, che permette, per così dire, di potenziare le sensazioni di comodità dell’appoggio stesso. In questo senso Manuel Garcia indicava di far rientrare la “fontanella gastrica”, cioè la parete addominale epigastrica: è la componente del rientrare lievemente in dentro e in alto (in modo quasi impercettibile prima dell’attacco del suono), al fine di dar sostegno al diaframma, appena contratto e abbassato al termine dell’inspirazione . Alcuni trattati ottocenteschi, per descrivere metaforicamente il processo, parlavano di un sacco di sabbia che poggia su una colonna di marmo e deborda ai lati, così da essere sorretto e dilatarsi comodamente verso l’esterno .
Se l’equilibrio tra i due fattori viene sbilanciato da un eccessivo e costante appoggio durante tutta la frase musicale (e la respirazione è focalizzata unicamente nel dettame “in basso e in fuori”), viene lamentata dopo un certo tempo di fonazione una sorta d’oppressione al torace. Tale sensazione è legata al fatto che, durante il corso dell’emissione di una frase musicale, utilizzando la sola componente dell’appoggio, il diaframma è ‘forzato’ all’abbassamento e non è in grado di controllare la pressione sottoglottica e il flusso aereo, venendo in questo sostituito dal collassamento dello sterno e del torace, con rotazione in avanti delle spalle (atteggiamento fonatorio che viene da alcuni definito “postura del gorilla”). Le più comuni conseguenze di quest’errore sull’emissione sono riscontrabili in quelle vocalità che definiamo ‘pesanti’ (categoria lirico-spinta o drammatica). Questi artisti finiscono con l’’affondare’, insieme al diaframma, anche la laringe , dando alla voce un carattere tonitruante e un’intonazione spesso calante. Gli attacchi sono presi allora una terza sotto o con portamento e, soprattutto, è presente un vibrato ampio che sfiora il “ballamento” di voce. Al contrario, chi eccede nelle dinamiche di sostegno e spinge solo Œin dentro e in alto’ innalza subito il diaframma. Per ottenere la pressione sufficiente a guidare l’espirazione e potenziare l’intensità è poi costretto a impegnare la muscolatura laringea estrinseca, cioè “a stringere di gola” (turbando anche la postura laringea) . Il vibrato è a volte stretto e caprino, l’intonazione spesso crescente.

Imparare l’appoggio

Cantar “sul” fiato non significa altro che cercare l’equilibrio tra le due componenti ed evitare gli sbilanciamenti descritti. Nel raggiungimento di un tale risultato le sensazioni interne che il cantante riceve possono essere diverse. Alcuni avvertono maggiormente la sensazione della componente d’appoggio, altri quella del sostegno (e a volte alcune differenze di percezione possono essere legate al tipo di categoria vocale e al repertorio). Spesso poi dal maestro di canto viene spiegata (e creduta presente) solo quella “prevalente”, ingenerando l’errore di un modello unidirezionale. Così il povero allievo si ritrova davanti a una miriade di indicazioni di “ginnastica” respiratoria spesso fantasiose e tra loro contraddittorie.
Dato che il canto, e la fonazione in generale, si esercitano in fase espiratoria, ne deriva che, essendo in questa fase il diaframma totalmente inattivo e condizionato nella sua risalita solo dai muscoli respiratori (addominali, intercostali, ecc.), tutte le terminologie didattiche che chiedono una azione diretta tipo “spingi su il diaframma, tienilo basso, spingilo dentro” sono improprie, anche se metaforicamente utili al raggiungimento di un corretto coordinamento muscolare finalizzato ad un’adeguata gestione dell’aria espiratoria.

Il diaframma nel canto è muscolarmente passivo e si contrae attivamente solo durante la presa d’aria; a fine inspirazione l’attività diaframmatica cessa e tale muscolo diventa una membrana passiva interposta tra muscoli intercostali ed addominali.

Adeguandosi alle necessità di esecuzione di toni di bassa o alta intensità, acuti o gravi, oppure filati, il comportamento dei muscoli respiratori induce variazioni nella dinamica respiratoria. Poiché pieno volume polmonare le forze di retrazione elastica di cui è dotato il polmone tenderebbero spontaneamente a farlo svuotare (come accade nel respiro tranquillo a riposo), per la maggior parte delle necessità canore esse darebbero luogo a una pressione aerea sotto le corde ampiamente in eccesso rispetto a quella desiderabile per l’intensità del suono da emettere. E’ allora richiesta una forza che contrasti le forze elastiche e riduca in tal modo la pressione sottocordale al momento dell’attacco del suono, che altrimenti sarebbe brusco. E’ quello che il cantante riconosce come necessità di tenuta, di allargamento costale, di “appoggio” appunto del diaframma affinché esso non risalga subito alla sua posizione di partenza. Il torace viene allora mantenuto in posizione dall’azione degli intercostali esterni, mentre la parete addominale supporta, con un piccolo tono interno, la loro azione. Nel corso poi della frase musicale la pressione aerea diminuisce a causa del consumo d’aria durante il canto. Ecco allora che, per mantenere la pressione aerea voluta nelle fasi successive dell’espirazione, il diaframma inizia a risalire accompagnato dall’azione degli addominali. Essi intensificano così sempre più il loro ruolo di sostegno verso il concludersi della frase musicale, accompagnando la riduzione progressiva del volume polmonare.

Alle sensazioni prevalenti di ‘appoggio’ dell’inizio si sostituiscono gradatamente quelle di un maggior ‘sostegno’.

Si dice solitamente che chi sa eseguire un buon “filato” sia padrone di un’ottima respirazione. Nei filati, in effetti, il gioco degli equilibri tra le due componenti richiede una consolidata perizia: in questo tipo di prestazione vocale l’attività muscolare inspiratoria aumenta progressivamente in tutto il crescendo, mentre nel diminuendo i muscoli non devono rilassarsi in modo eccessivo, poiché, verso la fine del suono, si dovrà fare uno sforzo espiratorio proporzionalmente più accentuato, essendo diminuita la riserva polmonare (inoltre un brusco minimo cambiamento di tensione muscolare causerebbe una variazione di intensità durante la stessa filatura). Se durante l’emissione la pressione espiratoria aumenta o diminuisce improvvisamente, il suono cresce o cala, se la pressione è irregolare il suono risulta tremolante. Ecco perché a volte l’intonazione crescente e spesso quella calante dipendono da cattivo dosaggio del fiato.

n.b.: Frequentemente i cantanti domandano se un allenamento di ginnastica respiratoria possa favorire una maggiore capacità vitale polmonare, credendo che il problema sia la disponibilità di aria da consumare. Certamente l’attività fisica è utile, non tanto perché sia necessario ampliare un volume polmonare normale ma poiché un buon tono della muscolatura respiratoria favorisce le dinamiche del suo utilizzo. La quantità d’aria inspirata è molto meno importante della sua espirazione regolare, del suo dosaggio e della capacità di saperla gestire ( nella salvaguardia dalla tentazione opposta di trattenere il fiato per non sprecarlo).